Le Stelle Variabili

Le stelle variabili, come dice il nome stesso, sono stelle il cui splendore varia nel tempo. Delle variabili vere e proprie non fanno parte le cosiddette “variabili ad eclisse“, che sono variabili solo apparentemente, in quanto la loro variabilità non è intrinseca, ma dipende semplicemente da un’azione di schermo che un membro di una stella doppia fa rispetto all’altro membro. L’effettiva variabilità fisica di una stella dipende, invece, dal fatto che il flusso di energia emesso dalla stella non è costante nel tempo, per cui la stella appare più o meno luminosa a seconda del momento in cui la si osserva, e non perché un altro corpo le passa davanti.

La variabilità delle stelle, prima dell’avvento del telescopio, non era considerato un evento pressoché normale come ai nostri giorni: era certo più difficile da osservare, e i pregiudizi sull’immutabilità dei cieli contribuivano a lasciar passare inosservati i fenomeni che non fossero proprio impossibili da ignorare. Come, ad esempio, l’apparizione della nova nella costellazione dello Scorpione che, secondo Plinio, avrebbe indotto Ipparco di Nicea alla compilazione del suo catalogo stellare. O come la supernova del 1054, il cui “relitto cosmico” (la Crab Nebula) possiamo ammirare tuttora nel Toro, e che fu osservata e registrata dagli astronomi dell’estremo oriente e dagli indiani Navaho, mentre le cronache europee del tempo non ne parlano affatto; e ancora nel 1572 Tycho osservò una nuova stella nella costellazione di Cassiopea, e Keplero registrò una nova in Ofiuco nel 1604. Giovan Battista Hodierna osserva, verso la metà dello stesso secolo, la variabile p Cygni, e registra Algol a volte di mag. 2 e a volte di mag. 3. Dogmi o non dogmi, l’uomo si abitua a tutto. E quando un fenomeno comincia a ripetersi con indisponente frequenza, i preti cessano di chiamarlo miracolo e di occuparsene, e lasciano il campo agli scienziati.

La ricerca scientifica sulle variabili, comunque, ha fatto passi da gigante soltanto in epoca relativamente recente, anche perché uno studio veramente approfondito prima dell’avvento della fotografia era praticamente impossibile.

Esistono diversi tipi di stelle variabili, di cui qui di seguito diamo una breve descrizione. Sebbene, come già detto, le variabili ad eclisse non siano stelle variabili vere e proprie, ne parliamo lo stesso dato che, in qualche caso, sono state nominate in questo libro.

Variabili ad eclisse

Se in una stella doppia l’inclinazione del piano orbitale è di circa 90°, se cioè il piano stesso è inclinato nello spazio in modo da coincidere o quasi con la direzione d’osservazione, allora le due componenti si eclissano reciprocamente nel corso di un periodo. Esistono tre tipi di variabili ad eclisse:

Stelle del tipo di Algol, dal nome della stella prototipo (Algolb Persei): entrambi i membri hanno forma sferica, e il periodo è compreso in un intervallo molto ampio, generalmente da 2 a 3 giorni o da 5 a 8 giorni.

Stelle del tipo b Lyrae, in cui le due componenti sono di forma ellissoidale (a causa delle sollecitazioni mareali), di dimensioni differenti. Periodo superiore a un giorno.

Stelle del tipo W Ursae Majoris, i cui componenti sono di forma ellissoidale ma di uguali dimensioni. Periodo inferiore a un giorno.

Circa il 90% delle variabili ad eclisse ha periodi inferiori ai 10 giorni, quantunque esistano stelle con periodi eccezionalmente lunghi (pensiamo ai 9883 giorni di e Aurigae); quattro stelle hanno periodo inferiore a 0.2 giorni: il periodo più breve (88 minuti) è quello di WZ Sagittae.

Variabili intrinseche

Le variabili intrinseche o fisiche sono quelle in cui le variazioni di splendore sono dovute a variazioni nelle condizioni fisiche della stella: ad esempio, variazioni di temperatura, di densità, di volume.

Le variabili intrinseche si dividono in due grandi classi, in base alle cause della variabilità stessa:

  1. Variabili pulsanti: presentano una variazione abbastanza regolare di splendore, temperatura e densità, accompagnata da variazioni di velocità radiale che possono essere interpretate come oscillazioni o pulsazioni del raggio intorno a una posizione media.
  2. Variabili esplosive: presentano variazioni meno regolari, aumenti improvvisi di splendore, e la variazione è di solito più forte che nelle pulsanti. La causa della variazione è attribuita ad un’esplosione, in quanto tutte le righe spettrali denunciano (effetto Doppler) un’intenso avvicinamento che indica l’espulsione di gas dalla stella.

La divisione, comunque, non è nettissima, in quanto si conoscono variabili pulsanti molto irregolari e variabili esplosive le cui esplosioni presentano una certa periodicità. Diamo adesso una breve descrizione delle caratteristiche dei tipi principali di variabili delle due classi.

Variabili pulsanti

  1. Cefeidi a lungo periodo: prototipo di questa classe è la stella d Cephei. Si tratta di supergiganti di tipo spettrale compreso fra F e K, con periodi compresi fra 1 e 50 giorni. Ampiezza delle variazioni compresa fra 0.4 e 1.7 mag.; la temperatura superficiale della stella aumenta di circa 1000° K, il che provoca un cambiamento anche nel colore della stella, che al minimo tende verso il giallo o l’arancione, mentre al massimo tende verso il bianco. Il raggio subisce variazioni (pulsazioni) tra il 4% e il 20%. Si dividono a loro volta in Cefeidi classiche e stelle del tipo W Virginis: le prime sono stelle di Popolazione I, le seconde di Popolazione II.
  2. Stelle del tipo RR Lyrae: variabili pulsanti con periodo inferiore a 1.5 giorni. Poiché si trovano soprattutto negli ammassi globulari, vengono chiamate anche variabili d’ammasso. La loro magnitudine assoluta è inferiore a quella delle cefeidi e la relazione tra il loro periodo e la loro luminosità è lineare.
  3. Stelle del tipo d Scuti: possiedono periodi estremamente brevi, al massimo un’ora; spesso hanno un comportamento simile a quello delle RR Lyrae.
  4. Stelle del tipo b Canis Majoris o b Cephei: periodo compreso fra le 3 e le 6 ore; l’ampiezza della variazione è soltanto di 0.1 mag.
  5. Stelle del tipo Mira: prototipo Mira Ceti (o Ceti). Le stelle di questo tipo sono giganti con periodo compreso fra 80 e 1000 giorni, con ampiezza delle variazioni fra 2.5 e 6 mag.; tipi spettrali M, S, N ed R.
  6. Variabili semiregolari: anche queste sono giganti e supergiganti con periodo non più regolare. A questo gruppo appartengono Antares e Betelgeuse.
  7. Stelle del tipo RV Tauri: stelle di elevata luminosità, tipo spettrale F, G o K, periodi fra 50 e 150 giorni, ampiezza di 3 mag.
  8. Stelle del tipo a2 Canum Venaticorum: variazioni soprattutto nell’intensità di determinate righe spettrali e di campo magnetico, piccole variazioni nelle pulsazioni e nella velocità radiale.
  9. Variabili irregolari: giganti e supergiganti con curve di luce completamente irregolari. Ampiezze inferiori a 2 mag., mediamente 0.5 mag.

Variabili eruttive

  1. Novae (stelle nuove): già nell’antichità erano state osservate stelle di questo tipo: secondo Plinio, era stata l’apparizione di una nova a spingere Ipparco, nel II sec. A. C., alla compilazione del suo catalogo. Ma solo nel corso del XX sec. Si è giunti a capire che non si tratta di stelle effettivamente nuove, ma di stelle preesistenti la cui aumentata luminosità rendeva impossibile risalire alla stella nello stadio precedente all’esplosione (Praenova). Ciò oggi è viceversa possibile, grazie alla fotografia. Le praenovae sono stelle nane di elevata temperatura superficiale, di mag. assoluta generalmente intorno a +4.5; nel giro di un giorno la luminosità aumenta fino a 9.5 magnitudini, e successivamente di altre due o più, fino ad un aumento totale che può raggiungere perfino le 13 magnitudini: quindi, all’apice, la stella giunge ad essere 150000 volte più luminosa che nella fase iniziale del fenomeno. La fase di passaggio allo stadio di exnova può durare mesi o addirittura anni, e la magnitudine scende fino a +3 circa. Lo studio degli spettri delle novae mostra l’esistenza di un involucro gassoso in espansione. Si conoscono quattro classi diverse di novae, divise in base alla loro caratteristica curva di luce.
  2. Variabili novoidi: sono stelle tutto sommato abbastanza diverse fra di loro, ma le loro esplosioni sono abbastanza simili a quelle delle novae vere e proprie.
  3. Supernovae: di questa particolarissima classe di variabili abbiamo parlato a pag. .
  4. Stelle del tipo R Coronae Borealis: stelle giganti, che per lungo tempo mantengono luminosità costante, che talvolta diminuisce bruscamente di parecchie magnitudini, ritornando poi al valore iniziale. Non si è riusciti ad evidenziare una periodicità nel fenomeno.
  5. Stelle del tipo RW Aurigae: variazioni di splendore del tutto irregolari, con ampiezze di variazione tra 1 e 4 magnitudini. Un sottogruppo di questa classe è quello delle T Tauri (protostelle).
  6. Stelle del tipo U Geminorum: dopo un periodo di stabilità presentano, in pochi giorni, un aumento di luminosità compreso tra 2 e 6 magnitudini, mentre il ritorno alla normalità si ha in 10-50 giorni. Non si trova alcuna periodicità nelle variazioni di magnitudine: l’intervallo tra un aumento e il successivo è compreso fra i 20 e i 600 giorni.
  7. Stelle del tipo Z Camelopardalis: molto simili alle precedenti, ma a volte la luminosità si mantiene a un livello intermedio tra il minimo e il massimo.
  8. Stelle del tipo UV Ceti : si tratta di nane rosse che presentano improvvisi aumenti di luminosità della durata di pochi minuti o al massimo di poche ore, e che regrediscono allo splendore normale altrettanto velocemente. L’aumento di splendore è compreso fra 1 e 6 magnitudini. Si dividono in stelle flare e stelle flash. Queste ultime sono legate a nubi di materiale interstellare e vengono osservate nelle associazioni T Tauri. Una ben nota stella flare è Proxima Centauri, la stella più vicina al Sole.