Blue stragglers

L’immagine a destra, ripresa dallo Hubble Space Telescope nell’ammasso globulare 47 Tucanae (clicca su di essa se vuoi vederla ingrandita) consente di far luce sull’enigma dell’origine e dell’evoluzione delle blue stragglers, una specie “esotica” presente negli ammassi globulari; in Italiano, il termine “blue stragglers” viene generalmente tradotto con “vagabonde azzurre“, dando probabilmente un’idea sbagliata della natura di questi enigmatici astri.

Il nucleo dell’ammasso globulare 47 Tucanae (NGC104) ospita molte di queste stelle che brillano con la luce azzurra tipica delle stelle giovani.    Scrutando nel cuore del luminoso nucleo dell’ammasso, appraentemente compatto, la camera WF/PC2 dell’HST è riuscita a separarlo nelle numerose, singole stelle, che lo compongono. Molte di queste stelle brillano del rossastro colore tipico delle stelle “anziane”; altre invece hanno il colore azzurro delle “blue stragglers“. I cerchi gialli evidenziano alcune di queste ultime. Questa immagine è una composizione, a tre colori codificati, di fotografie prese con tre diversi filtri: il filtro ultravioletto (codificato in blu), il filtro blu (codificato in verde) e il filtro viola (codificato in rosso). Le tavole dei colori sono state assegnate in modo tale che le stelle giganti rosse appaiono di colore arancione, le stelle della sequenza principale sono bianche/grigie, e le “blue stragglers” appaiono di colore azzurro.

L’origine e l’evoluzione delle “blue stragglers“, scoperte 45 anni fa da Allan Sandage  nell’ammasso globulare M3, hanno sempre rappresentato un enigma di difficile soluzione. Non era facile spiegare la presenza di questo tipo di stelle molto luminose, calde e poco frequenti, che risiedono in un ambiente ben stabilizzato composto da altre stelle molto più vecchie.

Grazie al telescopio spaziale, oggi abbiamo un documento che può finalmente aiutare a risolvere il mistero della loro origine.

Utilizzando il Faint Object Spectrograph, rimosso dall’Hubble ancora nella seconda missione di servizio, gli astronomi avevano analizzato lo spettro di una singola “blue straggler“, misurandone la temperatura, il raggio e la velocità di rotazione. Il team ha poi confrontato queste misure con la magnitudine apparente presa dall’immagine di archivio del WF/PC2 (Wide Field Planetary Camera 2), per ottenerne una stima della massa. I risultati indicano che si tratta di una stella piuttosto massiccia (1,7 volte la massa solare) con una velocità di rotazione elevata (75  volte rispetto a quella del Sole).

Per mezzo di questi tre dati (temperatura, massa, velocità di rotazione) gli astronomi possono ipotizzare la sua origine. Ora essi credono che le stelle blu vagabonde derivino dall’incontro e dalla conseguente fusione di due stelle di piccola massa. Sulle modalità dell’incontro esistono però due diverse teorie: una di esse propone un lento incontro di due  stelle legate gravitazionalmente tra loro in un sistema binario, l’altra invece prevede uno scenario di collisione violenta tra due stelle che, casualmente, avevano traiettorie incidenti all’interno del denso nucleo dell’ammasso globulare.
Nel caso della particolare stella blu analizzata, il team propende per la prima teoria. Infatti in un sistema binario in cui le due stelle sono abbastanza vicine da “toccarsi”, la più massiccia delle due “cannibalizza” la compagna più piccola producendo una singola stella ancora più massiccia. Si spiega in questo modo anche la notevole velocità di rotazione della stella blu,  derivata dal rapido moto orbitale del sistema binario originale.